Israele-Palestina: la democrazia in pericolo e il rischio di una terza intifada - Conversazione con Paola Caridi

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Da settimane a Tel Aviv e in altre città, migliaia di cittadini scendono in piazza per protestare contro la riforma giudiziaria annunciata dal nuovo governo di destra estrema guidato da Benjamin Netanyahu, il governo più a destra della storia israeliana. Riforme che il giudice più stimato di tutta Israele, Aharon Barak, ex presidente della Corte Suprema, ha definito senza mezzi termini un "golpe senza carri armati".   Uno dei discorsi più netti e apprezzati dalla piazza anti-Netanyahu è stato quello pronunciato da un’altra esponente del sistema giudiziario, un’altra giudice ex presidente della Corte Suprema, Ayala Procaccia. La sintesi: quando i giudici scendono in campo, è perché la democrazia è a rischio. Il quotidiano israeliano Haaretz, riferimento dell’area di centro-sinistra,  ha pubblicato un'inserzione sul New York Times con questo messaggio: “La democrazia può morire anche alla luce del giorno”. La settimana scorsa, Antony Blinken, il segretario di Stato americano in visita in Israele, ha impartito a Netanyahu una vera e propria lezione sull'importanza di una magistratura indipendente e dello Stato di diritto. In questi stessi giorni si sono consumati gli ennesimi massacri che hanno segnato e continuano a segnare il più lungo conflitto del mondo: dieci morti palestinesi a Jenin, sette israeliani a Gerusalemme… Una violenza solo più intensa del solito. Il 2022 è stato l’anno più sanguinoso dal 2005. L’inviato speciale dell’Onu è andato nei dettagli della violenza. “Sono continuati gli scontri, le proteste, gli attacchi, le operazioni israeliane e la violenza dei coloni. Nel 2022, sino a oggi, sono stati uccisi in Cisgiordania e in Israele oltre 150 palestinesi e più di venti israeliani, il più alto numero di vittime in molti anni”. Del nuovo governo e della crisi costituzionale e democratica israeliana, di come questa possa ricadere brutalmente sulla vita dei palestinesi già fortemente segnata dall’occupazione e mettere definitivamente la parole fine alla soluzione Due Stati per Due popoli, a cui ormai non crede quasi più nessuno, e di questa nuova e spaventosa ondata di violenza parliamo con Paola Caridi. Saggista e giornalista, esperta di storia delle relazioni internazionali, Paola Caridi da  oltre venti anni si occupa di Medio Oriente e Nord Africa, in particolare di islam politico in Palestina ed Egitto. Musica: A time to cry - Rim Banna

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